Vi si può giungere a piedi, attraversando La Pigna, la città vecchia di Sanremo, in una escursione turistica, sino alla sommità della collina, fino ai piedi di un’ampia salita pedonale, alberata da cipressi e ulivi, sulla quale una pavimentazione di ciottoli bianchi e neri crea disegni geometrici, oppure percorrendo la rotabile, che dal centro sale alla frazione di San Romolo un tempo meta di villeggiatura dei sanremesi fiancheggiando, a metà percorso, lo splendido Campo Golf di Sanremo.
Il santuario, secondo la tradizione, ricorda come a partire dal 1361 i sanremesi celebrassero “la festa delle Catene“ trascinando sino al santuario delle catene per festeggiare la liberazione dal giogo feudale dei Doria: si attribuisce a quel tempo la sua fondazione.
La attuale costruzione barocca è del 1630 e la cupola fu eretta tra il 1770 e il 1775; la ricostruzione fu dovuta ad un marinaio che, salvatosi miracolosamente dai corsari, aprì una sottoscrizione, a cui partecipò tutta la popolazione per erigere un santuario alla Madonna della Costa che già aveva fama di essere miracolosa e di esercitare una funzione protettrice dai pericoli. La spesa fu enorme, ma sempre, quasi miracolosamente, vennero trovati i soldi per l’opera. Esistono scritti, del 1600, che affermano come, all’interno della chiesa, fossero appese le testimonianze dei miracoli ottenuti dalla Madonna, che poi andarono distrutte in un incendio.
Il santuario, all’interno, misura 37 metri di lunghezza, 17 metri nelle crociere e 9 in larghezza e la cupola si trova a 50 metri di altezza; nei secoli fu abbellito con numerose opere d’arte e tra il 1979 e il 1981 fu rifatta la copertura in rame della cupola e dei due cupolini laterali e ritinteggiata la facciata. Le sue forme barocche sono leggere e si inseriscono nel paesaggio dei monti circostanti in modo gradevole. La facciata è semplice, presenta un portale incorniciato da due colonne dai bianchi capitelli, sopra al quale è posta una edicola con la statua dell’Assunta; ai lati possono vedersi i rilievi in marmo di San Siro e San Romolo. Nel grande scudo superiore, a fregi e con decorazioni di stucco, si legge la parola “Sanctuarium”; ai lati si innalzano due leggeri campanili dai cupolini in rame.
L’interno è riccamente decorato con marmi, stucchi, affreschi dipinti e sculture.
Tra queste merita una attenzione particolare la spettacolare serie di quattro statue in legno, di Anton Maria Maragliano (1664-1741), che campeggia nel presbitereo. Sempre del Maragliano sono il gruppo sull’altare maggiore e il Crocifisso collocato nel 1723 sopra l’altare omonimo.
Tra i dipinti, a sinistra dell’ingresso, la Visione di San Giacinto di Domenico Fiasella (1589-1669), proveniente dal convento di San Domenico di Genova, demolito ai primi dell’Ottocento per far posto al Carlo Felice. Fu allora che i nobili genovesi Carrega acquistarono il quadro per regalarlo, nel 1846, al Santuario della Costa; di fronte al dipinto del Fiasella, la Decollazione del Battista di Giulio Cesare Procaccini (1570-1625); nel transetto, a destra, la Visita di Maria a Elisabetta di Bartolomeo Guidobono (1654-1709), bel dipinto donato nel 1708 dal principe Grimaldi di Monaco a una sorella che era badessa nel monastero sanremese della Visitazione (demolito il quale, nell’Ottocento, il dipinto venne trasferito alla Costa); sopra l’altare maggiore, la Madonna con Bambino, tavola tradizionalmente attribuita a Nicolò da Voltri (1385-1417).
Un cronista del Seicento ha scritto che gli occhi della Madonna della Costa «ispirano una dolcezza così tenera che non si può spiegare se non chiamandola di Paradiso». E ha riferito una leggenda secondo la quale «molti e moltissimi pittori, venuti anche da parti lontanissime per copiarla hanno affermato che i pennelli con cui è stata tratteggiata l’immagine prodigiosa sono stati impastati più di santità e devozione che di colori. Quindi presi da un devoto spavento la copiarono sempre da inginocchiati».
Tale era la fama della Madonna miracolosa anticamente, secondo lo stesso cronista la chiesa era «ripiena di migliaia e migliaia di tavolette appese da non contarle facilmente in settimane intere», poi distrutte quando «alcuni semplici le diedero per crassa inavvertenza alle fiamme». Gli affreschi che decorano la volta del presbiterio sono di Giacomo Antonio Boni (1688-1766) e raffigurano l’Assunta.
Ancor oggi numerosi ex-voti di riconoscenza, per essersi salvati da tragici eventi o malattie, attestano l’immutata fede nella Madonna.