Italo Calvino (Santiago de Las Vegas, 15 ottobre 1923 – Siena, 19 settembre 1985) è stato uno fra gli scrittori italiani più innovativi ed importanti del secondo Novecento. Narratore e saggista di eccezionale talento, la sua attività letteraria si estende per quasi un quarantennio, dalla pubblicazione del suo primo romanzo neorealista Il sentiero dei nidi di ragno (1947) fino alla sua morte, avvenuta nel 1985.
La sua vita e le sue opere sono legate in modo indissolubile alla città di Sanremo, patria di suo padre e di suo nonno e città dove trascorse gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza.
Italo Calvino nasce nel 1923 a Cuba, più precisamente a Santiago de Las Vegas, presso l’Avana, dentro un grande bungalow costruito all’interno del giardino botanico tropicale di proprietà dei genitori. Il padre Giacomo, detto Mario (Sanremo 1875-1951), è un agronomo originario di Sanremo, e la madre Dorotea Evelina Mameli, detta Eva (Sassari, 1886 – Sanremo, 1978), sarda di nascita, è laureata in scienze naturali ed è assistente botanica all’Università di Pavia. Lo stesso nome di battesimo del bambino, Italo, suggerisce la sua discendenza prettamente italiana e l’amore mai sopito che i genitori nutrivano per la patria lontana. Nel 1925 il padre viene invitato a dirigere la Stazione Sperimentale di Floricoltura “Orazio Raimondo” di Sanremo, ancora oggi con sede in Corso degli Inglesi, ed oltretutto uno spaventoso uragano abbatte nello stesso anno il bungalow dei coniugi Calvino, che decidono così l’anno dopo di ritornare in Italia.
L’infanzia di Calvino si svolge quindi per la sua interezza nella Città dei Fiori, dove il giovane Italo vive giorni tranquilli in mezzo ad una famiglia dedita alle attività di ricerca scientifica e all’amore per la botanica. Nel 1927 nasce il fratello Floriano, futuro geologo di fama internazionale e docente all’Università di Genova.
L’unico contatto che Italo ha con il Fascismo è tra il 1929 e il 1933, quando, come tutti gli altri bambini della sua età, non può esimersi dall’obbligo di diventare balilla, dovere scolastico imposto dal regime che venne esteso anche alle scuole valdesi da lui frequentate. Per il resto, le posizioni ideologiche dei genitori (socialista la madre ed anarchico il padre), sebbene chiaramente antifasciste, tendevano a confluire in una generica condanna apartitica della politica, e fu così che nel giovane Calvino non nascono né avversione né propensione nei confronti del fenomeno dittatoriale di Mussolini (“Tra il giudicare negativamente il fascismo ed un impegno politico antifascista c’era una distanza che ora è quasi inconcepibile”).
I genitori Calvino inoltre non danno ai figli un’educazione religiosa; Italo ed il fratellino vengono istruiti sin dalla giovinezza ad un atteggiamento agnostico e distaccato, e trascorrono gli anni scolastici senza frequentare le lezioni di religione ed astenendosi dai servizi di culto, motivo per il quale alla famiglia venne ben presto affibbiato l’epiteto di “anticonformisti”.
Nel 1934, al ginnasio-liceo di Sanremo “G.D. Cassini”, è compagno di banco di Eugenio Scalfari, il figlio di un avvocato al tempo funzionario del Casino di Sanremo, la cui amicizia aiutò molto la formazione umana e professionale dello scrittore.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale segna un punto di svolta nella vita di Calvino. Nel 1941 si iscrive alla Facoltà di Agraria dell’Università di Torino, dove il padre era docente di Agricoltura Tropicale, ma nel 1943 interrompe gli studi per non essere arruolato nell’esercito della neonata Repubblica di Salò, e al contrario entra a far parte dei partigiani delle Brigate Garibaldi vivendo così l’esperienza bellica in modo diretto. Dopo la Liberazione, i suoi ideali libertari ed anarchici trovano riscontro nell’ideologia politica del Partito Comunista Italiano, di cui diviene attivista. A Torino accede direttamente al terzo anno della Facoltà di Lettere e conosce Cesare Pavese, che diviene ben presto il suo maestro di pensiero e di vita. In questi anni collabora con vari giornali, scrivendo articoli e racconti per vari quotidiani e periodici (da citare sono Il politecnico, diretto da Elio Vittorini, e L’unità), e nella seconda metà del 1946, incoraggiato da Pavese, scrive il suo primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno per concorrere al Premio Mondadori. Dopo la laurea nel 1947 inizia quella che si rivelerà una lunga e duratura collaborazione con la casa editrice Einaudi, di cui cura l’ufficio stampa. Nel 1950 si suicida Cesare Pavese, disgrazia dalla quale Calvino esce profondamente scosso. Fra ottobre e novembre del 1951 compie un viaggio nell’Unione Sovietica della durata di circa 50 giorni e, durante la sua assenza, il 25 ottobre muore il padre. Nel 1956, dopo i fatti della Rivoluzione Ungherese, decade la sua fiducia nei confronti della politica sovietica e dello stesso Partito Comunista, e rassegna così le dimissioni dal PCI.
Nel 1958 fonda il periodico culturale Il menabò con l’amico Elio Vittorini. Agli albori degli anni ’60 la sua fama è ormai affermata ed è chiamato spesso all’estero per conferenze e dibattiti: nel 1962, in occasione di un ciclo di incontri letterari, incontra la sua futura moglie, Ester Judith Singer, detta Chichita, con la quale convola a nozze nel febbraio del 1964 a L’Avana. A Cuba fa conoscenza anche con Ernesto “Che” Guevara, con il quale stringe un’amicizia forte e reciproca, e nel 1964 si attiva per fondare l’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba. L’anno stesso torna in Italia assieme alla moglie ed a suo figlio Marcello Weil e si stabilisce a Roma. Nel 1967 si trasferisce a Parigi, dove frequenta celebri intellettuali parigini come Georges Perec, Jacques Roubaud e soprattutto Raymond Queneau, la quale letteratura influenzerà il suo interesse per le materie scientifiche, cosmologiche e per la disciplina del gioco combinatorio. Negli anni ’70 fa costruire la sua villa a Roccamare, presso Castiglione della Pescaia, in provincia di Grosseto, che diventerà la sua meta fissa di villeggiatura estiva sino alla morte. Nel 1979 inizia una collaborazione con il giornale La Repubblica e negli anni ’80, a causa della grave crisi in cui versa l’Einaudi, è costretto a pubblicare i suoi ultimi lavori (la raccolta di saggi Collezione di sabbia e le Cosmicomiche vecchie e nuove) presso Garzanti. Nel 1985 lavora ad una serie di conferenze, le Lezioni americane, che avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard, ma viene colpito da un ictus il 6 settembre. Ricoverato all’ospedale di Santa Maria della Scala di Siena, muore nella notte fra il 18 e il 19 settembre.
L’attività letteraia di Italo Calvino
Nella prima fase della sua produzione (dal 1945 ai primi anni ’60), la linea letteraria di Calvino è classificabile come una via di mezzo fra il neorealismo ed una letteratura di stampo mitico-fiabesco. Tali infatti sono le caratteristiche dei suoi primi scritti “partigiani”, come Il sentiero dei nidi di ragno (1947) e la raccolta di racconti Ultimo venne il corvo (1949), che comunque si distaccano dagli stilemi dei predecessori del genere (il Vittorini di Uomini e no, il Pavese di La casa in collina e il Fenoglio di Il partigiano Johnny, oppure le famose opere del “partigiano eroe” di Marcello Venturi); e a tale stregua può essere considerata anche la famosa trilogia di romanzi fantastici degli anni ’50, Il visconte dimezzato (1952), favola allegorica-onirica, Il barone rampante (1957), una sorta di comte philosophique alla Voltaire, ed Il cavaliere inesistente (1959), impostato sul genere del romanzo cavalleresco dell’epoca di Carlo Magno, che furono raccolti poi nel volume I nostri antenati nel 1960. Qui Calvino affronta temi come la scissione dell’io, l’esistenza, il distacco dell’uomo dalla storia, la giusta distanza dell’occhio critico dell’uomo nel guardare la realtà.
Nel 1956 Calvino cura una raccolta in tre volumi di Fiabe italiane. Del 1958 è La nuvola di smog, un romanzo che propone una sorta di fusione tra i due filoni, fiabesco e neorealista, che Calvino seguiva in quegli anni.
Del 1963 è Marcovaldo, raccolta di racconti che mettono a fuoco il problema del boom industriale dell’Italia alla fine degli ani ’50.
All’inizio degli anni ’60, Calvino scrive due saggi che segnano il definitivo stacco con la poetica del primo periodo. Del 1960 è Il mare dell’oggettività, pubblicato sul Menabò di Vittorini, e del 1962 La sfida al labirinto, ispirato dal romanzo di Alain Robbe-Grillet Nel labirinto (1959) in cui Calvino affronta la questione del ruolo dell’intellettuale e della letteratura nella realtà.
Nel 1962, dopo dieci anni di composizione, esce La giornata di uno scrutatore, uno dei romanzi più brevi e più riusciti di Calvino, che racconta la storia di Amerigo Ormea, scrutatore alle elezioni, che si trova a lavorare nel Cottolengo di Torino fra malati incurabili e personaggi grotteschi, e lì, per via di ciò che vede e vive, rivaluta il suo modo di vedere le cose e le certezze che la sua vita “normale” gli aveva sempre confermato. Un romanzo decisamente importante per Calvino, che affronta in un modo come al solito delicato e ragionato concetti difficili e pungenti, la tematica del diverso, della posizione dell’io all’interno della realtà, e del confine fra la vita programmabile e il destino.
Nel 1963 esce La speculazione edilizia, ispirata dal fenomeno di barbara e inarrestabile edificazione che si stava manifestando, dopo il boom economico, in tutt’Italia in quegli anni (del 1963 è anche il manifesto cinematografico della protesta contro questo fenomeno, ovvero Le mani sulla città di Francesco Rosi).
Nel 1965 esce la raccolta di racconti Le cosmicomiche, che inaugura il nuovo periodo poetico di Calvino, indirizzato ad un attenzione per la scienza, la cosmologia e il gioco combinatorio. Di questo periodo sono gli scritti del Calvino più complesso, più criptico e meno conosciuto: Ti con zero (1968), Gli amori difficili (1970), Le città invisibili (1972), Il castello dei destini incrociati (1973), il racconto Autobiografia di uno spettatore (1974), scritto come prefazione al film Quattro film di Fellini, che evidenzia il rapporto di Calvino col cinema, Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979) e le sue ultime opere, come il famoso Palomar (1983) e il postumo Lezioni americane (1985).
Pubblicati postumi, a cura di Ester Calvino, sono anche altri volumi, quali Sotto il sole Giaguaro (1986), curiosa raccolta di 3 racconti dedicati ai sensi (l’intenzione era quella di scriverne 5), La strada di San Giovanni (1990), che contiene alcuni racconti scritti da Calvino nell’arco di trent’anni (ad esempio La strada di San Giovanni (1962), Ricordo di una battaglia del 1974, in cui lo scrittore rievoca la battaglia partigiana di Baiardo, e Dall’Opaco, del 1971, complesso “trattato” sull’importanza della posizione dell’io critico all’interno del Mondo) e Prima che tu dica pronto (1993).
Italo Calvino e Sanremo
«Sono cresciuto in una cittadina che era piuttosto diversa dal resto dell’Italia, ai tempi in cui ero bambino: Sanremo, a quel tempo ancora popolata di vecchi inglesi, granduchi russi, gente eccentrica e cosmopolita. E la mia famiglia era piuttosto insolita sia per Sanremo che per l’Italia di allora: […] scienziati, adoratori della natura, liberi pensatori […]»
«La belle époque della Riviera era finita […]. Con la guerra, Sanremo cessò di essere quel punto di incontro cosmopolita che era da un secolo (lo cessò per sempre; nel dopoguerra diventò un pezzo di periferia milan-torinese) e ritornarono in primo piano le sue caratteristiche di vecchia cittadina ligure. Fu, insensibilmente, anche un cambiamento d’orizzonti» (Italo Calvino sulla rivista “Il paradosso”, periodico per ragazzi, settembre-dicembre 1960).
«Sanremo continua a saltar fuori nei miei libri, nei più vari scorci e prospettive, soprattutto vista dall’alto, ed è soprattutto presente in molte delle Città Invisibili» (Italo Calvino in Intervista di Maria Conti in Saggi 1945-1985 – Milano, 1995).
Come si è già detto, la città più importante per Calvino, più che Santiago de Las Vegas o le varie località in cui dimorò durante la sua vita (Parigi, Roma, Roccamare), è stata la Città dei Fiori, Sanremo: la sua città (“Della mia nascita d’oltremare conservo solo un complicato dato anagrafico – che nelle brevi note bio-bibliografiche sostituisco con quello più vero nato a Sanremo – un certo bagaglio di memorie familiari, e il nome di battesimo che mia madre, prevedendo di farmi crescere in terra straniera, volle darmi perché non scordassi la patria degli avi, e che invece in patria suonava bellicosamente nazionalista”).
Le profonde origini matuziane di Calvino ed i luoghi di Sanremo che fin da bambino lo circondarono funsero da catalizzatore per il pensiero e la singolare poetica dello scrittore. A cominciare dalla sua casa d’infanzia e da suo nonno Gio Bernardo, un personaggio a suo modo curioso ed anch’egli “anticonformista”, fedele agli ideali mazziniani risorgimentali, anticlericale, adepto della Massoneria, ed artefice e padrone di una stupenda villa di fine ‘800 – ancora oggi situata sotto il Santuario della Madonna della Costa una delle realtà di Sanremo meno conosciute ed apprezzate.
Le influenze della sua antica stirpe e quei muri di Villa Meridiana (oggi in Via Meridiana 82) che ospitarono i suoi giochi di bambino furono sicuramente di ispirazione per i personaggi e le ambientazioni a metà fra lo storico ed il fiabesco della sua prima trilogia di romanzi, Gli antenati. Non a caso quegli alberi e quelle piante esotiche di cui erano amanti incondizionati i genitori, e di cui tra l’altro i magnifici parchi e giardini di Sanremo sono colmi, diventano il luogo prediletto per la singolare ribellione pacifica del protagonista, il barone Cosimo Piovasco di Rondò, di uno dei suoi primi e più famosi romanzi, Il barone rampante.
Villa Meridiana è per Calvino un luogo di confine. Più in particolare lo è quella Strada di San Giovanni che Calvino volle raccontare nell’omonimo racconto del 1962. E’ uno spartiacque, una linea che segna, irrimediabilmente, la divisione fra la Città Vecchia, addossata alle colline, quella delle campagne e delle fasce, della natura, dei contadini – e la città vera e propria, quella del mare, del turismo, della speculazione edilizia e dell’avvenire. Queste due realtà di Sanremo, il passato e il futuro, l’antico e il nuovo, la tradizione ed il progresso, si fanno quindi metafora della disparità incolmabile fra lui e suo padre, delle diverse scelte fatte, delle differenti strade intraprese. La parte alta di Sanremo diventa il simbolo della personalità paterna, la voglia ancestrale di sentirsi parte della natura, il desiderio di conoscerla a menadito, in maniera scientifica, da botanico, cercare la comprensione del Mondo attraverso una fusione panica con essa che faccia perdere il contatto con sé stessi, mentre la parte bassa riflette la diversa scelta di Italo di indagare la realtà proiettandosi verso il futuro di una Sanremo fatta principalmente di vitalità cittadina, di ristoranti, alberghi, personaggi illustri, turismo e palazzi. Calvino si chiede come sarebbe stato seguire le orme del padre, come sarebbe stato imboccare, e da lì non tornare, la strada che conduce su verso i luoghi dei partigiani, verso la vita di montagna: ma arriva alla conclusione, senza possibilità di redenzione, di non poterlo ormai più sapere, di non poter eventualmente recuperare l’esperienza perduta, ed ora che suo padre è morto di non poter più sanare il conflitto di idee fra di loro solo con il rimpianto e lo slancio emotivo del ricordo. “Tra i miei familiari solo gli studi scientifici erano in onore; un mio zio materno era un chimico, sposato ad una chimica; anzi, ho avuto due zii chimici sposati a due zie chimiche […] io sono la pecora nera, l’unico letterato della famiglia”.
Viva nel ricordo di Calvino è anche La Pigna, che Italo e suo fratello Floriano attraversavano ogni giorno per andare a scuola. L’esoticità ed il calore d’altri tempi delle architetture della Città Vecchia, che sembravano evocare le casbah magrebine dell’Africa del Nord, sono sensazioni che vengono in continuazione richiamate nei brani giovanili e nelle testimonianze dello scrittore. “Per arrivare in fondo al vicolo, i raggi del sole devono scendere diritti rasenti le pareti fredde, tenute discoste a forza d’arcate che traversano la striscia di cielo azzurro carico. Scendono diritti, i raggi del sole, giù per le finestre messe qua e là in disordine sui muri, e cespi di basilico e di origano piantati dentro pentole ai davanzali, e sottovesti stese appese a corde; fin giù al selciato, fatto a gradini e a ciottoli, con una cunetta in mezzo per l’orina dei muli”.
E proprio quella scuola, il liceo Gian Domenico Cassini di Sanremo, dove ancora oggi migliaia di alunni studiano e si formano, è stata la prima vera palestra culturale di Italo Calvino.
Un altro luogo particolarmente caro allo scrittore è la Passeggiata dell’Imperatrice, dove lui ed i suoi amici d’adolescenza andavano a giocare, raccontare storie, e disquisire sulla storia e sulla filosofia di Bergson.
A dir la verità, tutta la città viene vissuta da Calvino in maniera possessiva, con un forte senso d’appartenenza, e rievocata spesso nei suoi scritti. Dal Porto Vecchio alla Fortezza di Santa Tecla, da Piazza Bresca a Corso Matteotti e Piazza Colombo (“In giù, appena fuori dal nostro cancello e della via privata, cominciava la città coi marciapiedi, le vetrine, le edicole, e Piazza Colombo lì a un passo”). Da amante del cinema, non poteva non concedersi, invece di studiare, inoltre la visione di qualche film, di nascosto alla madre, al Cinema Centrale, suo favorito, che all’epoca erano aperto dalle due del pomeriggio fino a tardi la sera. Nel magnifico soffitto del Centrale, decorato da Galileo Chini, secondo quanto lui stesso racconta in Autobiografia di uno spettatore, si apriva una cupola metallica “al centro di una volta affrescata a centauri e ninfe. La vista del cielo introduceva in mezzo al film una pausa di meditazione, col lento passare di una nuvola che poteva pur giungere da altri continenti, da altri secoli”. L’infanzia vissuta in questa città e l’esperienza partigiana, che negli anni ’40 lo vide scorrazzare per le colline dell’entroterra di Sanremo lo hanno legato indissolubilmente a queste terre e a questi luoghi.
E Sanremo lo ricorda in vari modi. Dalla sezione Italo Calvino, costituita principalmente da scritti dell’autore, della Biblioteca Civica di Sanremo, allo spazio dei magazzini ferroviari dell’ex stazione ferroviaria ora intitolato a suo nome, alla lapide di Piazza Nota che ne rievoca l’esperienza della resistenza ed i suoi studi nel liceo di Sanremo.